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24 Luglio 2017
di Cesare Cremonini
I nostri social hanno espresso, purtroppo per l'ennesima volta quest'anno, un liberatorio sentimento di massa sulla scomparsa prematura di una amata star della musica. Tenendo lontano il giudizio su una storia personale che in pochi conoscono, quel che rimane dopo qualche giorno è la nostra ignoranza e la disinformazione diffusa nei riguardi della depressione, un buco nero che risucchia tutta l'intelligenza e la sicurezza di cui la società occidentale fa vanto.. La nostra inconsapevolezza su cosa sia ci rende tutti responsabili, ognuno con la sua parte di colpa, dell'alienazione o della morte di chi ne soffre, dell'abbandono in cui battagliano le famiglie che la affrontano. Ho letto tanti commenti in queste ore che si rifiutavano di accettare una fatale debolezza da parte di chi ha il successo fra le mani, o figli da crescere, o grandi responsabilità. Ma mettere sulla bilancia del giudizio di chi compie un gesto estremo e incomprensibile il denaro, il successo, il valore della famiglia, come se bastassero a salvare una vita, è il sintomo di un pensiero tanto presente quanto affrettato, che crede che il mondo sia davvero diviso in ricchezza e povertà, in tanto e poco, prima che in malattia e in salute. Fino a quando mancherà la conoscenza che genera la giusta sensibilità sull'argomento, la depressione sarà una battaglia silenziosa, incompresa, e dura. Con questo, umilmente, cerco di dire che tuo figlio, tuo marito, tu stesso, potresti ammalartene o rinascere con questo grosso guaio da affrontare, o peggio conviverci da sempre a causa di traumi insuperabili. Vincere o perdere con la depressione non dipende solo da chi sei. Ho letto, e ho sofferto per questo.
Ora dunque ti chiedo, a te che timbri il cartellino del vivere ogni giorno. Lo chiedo a noi che possiamo vivere: siamo proprio sicuri che imbucati dentro a una depressione, saremmo capaci di uscirne con i nostri soldi? Con la nostra cultura? Con l'amore che proviamo per i nostri figli o per la nostra famiglia? Con le nostre mani? È troppo facile e non è giusto accettare che si dica "si, questo è quello che penso". Non funziona così. Non è questione di libertà di pensiero. Quel che conta davvero per chi ne soffre, è il progredire di una società sempre più cosciente di cosa sia questo male che fa vittime ogni giorno sotto ai nostri tappeti.
Ora, tornando a quei ragazzi rimasti senza papà da poche ore. Sono convinto in cuor mio che ci leggessero, sarebbe il loro dolore più forte, percepire quanto il loro padre si possa essere sentito un peso per loro, ma prima ancora, per chiunque là fuori.